Nonostante l’Italia non produca energia atomica riesce a non rispettare le norme sulla gestione sicura e responsabile del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi (Direttiva 2011/70/euratom) come dimostra l’ultima infrazione in ordine di tempo.
L’Italia non è neanche riuscita a ridurre l’utilizzo delle borse di plastica secondo quanto richiesto.
In funzionamento della procedura d’infrazione
Per far sì che il Diritto Europeo sia rispettato l’unico mezzo a disposizione dall’UE è la procedura d’infrazione. Questa viene preceduta da un periodo in cui la Commissione Europea richiede delle spiegazioni al paese interessato, evitando una messa in mora automatica. Il Paese sotto analisi deve fornire entro dieci settimane spiegazioni, nonché soluzioni correttive per porre rimedio alla violazione. In caso di esito negativo inizia il periodo d’infrazione.
Le infrazioni comminate all’Unione Europea sono molto onerose, un costo che inevitabilmente si riversa sulla collettività. Queste sanzioni comportano un esborso immediato per lo Stato inadempiente. In più la sanzione rimane attiva, con versamenti periodici, fin quando lo stato membro non si adegua alle norme.
Le infrazioni all’interno dell’Unione Europea
Il settore ambientale è quello più critico per i Paesi Europei, con ben 295 casi presi in esame, distaccandosi di molto dall’ambito giuridico, con 161 casi. Oltre all’Italia, che primeggia con 98 casi, gli altri stati membri interessati da numerose procedure d’infrazione sono la Spagna con 75 e la Francia con 73 casi.
La sfida italiana
Vien da se’ che l’attuazione delle Direttive Europee è una sfida cruciale in tema ambientale per il nostro Paese. Uno dei nodi principali sono le considerevoli divergenze regionali per gestione delle risorse idriche, dei rifiuti, sulla depurazione e sulle infrastrutture.
Circa 3.200 agglomerati urbani sono soggetti a procedimenti d’infrazione per le acque reflue. La rete idrica mostra i segni d’invecchiamento, con un’età media di 30 anni e tassi di perdita che al sud arrivano al 50%. Mentre al nord il problema è la qualità dell’aria, con la pianura padana impestata dall’inquinamento atmosferico. Si stima che in Italia circa 66.630 morti premature siano attribuibili alle concentrazioni di particolato fine, 3.380 alle concentrazioni di ozono e 21.040 alle concentrazioni di biossido di azoto.